Lo psichiatra tedesco e neuropatologo Alois Alzheimer è stato il primo a descrivere l’Alzheimer, la forma più comune di demenza, che è stata battezzata con il suo nome. Vogliamo cogliere l’occasione del compleanno di Alois Alzheimer, che cade il 14 giugno, per indicare le attuali possibilità di cura.
Scoperta della malattia di Alzheimer
Il 25 novembre 1901 Alois Alzheimer incontrò per la prima volta la paziente Auguste Deter, che si trovava in un forte stato confusionale. I suoi sintomi lo incuriosirono, perché per una donna di 51 anni erano insoliti. Dopo la morte della stessa avvenuta nel 1906, il medico esaminò il suo cervello. Sospettava che il comportamento strano della sua paziente avesse delle cause biologiche. Durante l’esame al microscopio scoprì delle vistose alterazioni cerebrali: cellule nervose morte per motivi misteriosi e depositi di proteine nella corteccia cerebrale. Poco dopo, in un simposio di psichiatri, Alzheimer presentò il quadro clinico, che in seguito venne definito come malattia e battezzato Alzheimer in suo onore.
Attuali possibilità di cura medicamentose
Al momento non esiste alcun farmaco in grado di prevenire, arrestare o guarire l’Alzheimer o le altre forme di demenza. Si tratta infatti di una malattia complessa, con effetti di vario tipo. Poiché non sono ancora noti tutti i meccanismi biologici, lo sviluppo di farmaci per il trattamento è arduo. La ricerca di un farmaco efficace per il trattamento dell’Alzheimer è in corso da tempo in tutto il mondo. Al momento vi sono più di 100 diverse sostanze attive che sono oggetto di studi clinici.
Esse mirano da un lato ad alleviare i sintomi della malattia e dall’altro a modificarne la biologia di base per rallentare il decorso o, ancora meglio, arrivare a una guarigione. In questo secondo gruppo di farmaci, l’attenzione si concentra attualmente su sostanze attive in grado di colpire i depositi di beta-amiloide (Aβ) nel cervello, caratteristici della malattia di Alzheimer.
Tali principi attivi, attualmente in fase di sviluppo avanzato, sono quelli denominati Aducanumab dell’azienda biotecnologica americana Biogen, Donanemab dell’azienda farmaceutica americana Eli Lilly e infine Lecanemab dell'azienda farmaceutica giapponese Eisai. Anche al principio attivo Gantenerumab della casa farmaceutica Roche viene data grande importanza. L’efficacia e l’utilità clinica di questi agenti devono comunque ancora essere studiate a fondo.
Lotta contro i sintomi
Le attuali opzioni terapeutiche comprendono farmaci in grado di ritardare la degradazione delle funzioni cerebrali e di alleviare i sintomi. Questi farmaci anti-demenza possono ritardare lo sviluppo della malattia e migliorare la qualità di vita dei malati e dei loro familiari. Bisogna però ricordarsi che essi non curano, bloccano né prevengono il suo insorgere.
Interventi psicosociali
Oltre che con i farmaci attualmente disponibili, è possibile stabilizzare o migliorare la qualità di vita delle persone affette da demenza tramite interventi di natura psicosociale. In questo ambito vengono utilizzate diverse tecniche: allenamenti per migliorare la memoria e la vita di tutti i giorni, terapie occupazionali, interventi a livello del corpo (ginnastica ritmica, danza, fisioterapia, massaggi), psicoterapia e infine terapie musicali e creative (musicoterapia, terapia pittorica, cucina, danza, teatro, lavoro biografico e cura della memoria). Interventi di questo tipo rafforzano l’autostima, svolgono un’azione stimolante o rilassante e aiutano a curare i contatti sociali e a strutturare le giornate. Generalmente interventi di questo tipo aumentano la soddisfazione dei pazienti, riducendo i sentimenti negativi come la rabbia o lo sconforto e rendendo più facile la convivenza. Data la mancanza di cure e l’impatto positivo sulla qualità vita che svolgono, questi interventi di tipo psicosociale costituiscono una parte centrale del trattamento della malattia di Alzheimer o di qualsiasi altra forma di demenza.
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