Attesa nel Nulla
Siamo davanti ad una grande interpretazione del sonno eterno. L’autore ha pennellato immense tristezze, sconvolgendo il viso di Arcadia, donna di grande bellezza con tratti greci, quasi una musa, allontanandola dalla realtà, troppo crudele per essere vissuta. I corpi degli uomini mostrano, nonostante siano smagriti e sconvolti, la presenza di una forza giovane stroncata dalla violenza. Erano forse in viaggio per un migliore destino, in cerca di conforto e finalmente di una vera vita? Quale delitto possono avere commesso per essere così trucidati, legati alle croci fino alla loro morte?
Ancora moribondi, una volta a terra, hanno provato a coprire le loro membra con una sella bocara ma, stremati, il telo è rimasto a metà, coprendo unicamente un volto e altre poche parti del corpo. Nemmeno Arcadia, sfinita, addolorata, ha la forza di agire, in quel paesaggio arido che ricorda terre sarde, greche, siciliane. «Sono stanca, troppo stanca» – sembra mormorare – seduta su quel sudario, steso alla rovescia. Non vi è nessuno, nemmeno un animale, e forse non arriverà mai nessuno ad onorare questi corpi, immolati ad una causa comune, quella per la libertà.
In fondo però, all’orizzonte, il cielo si apre all’azzurro, difficile da intravvedere nella sofferenza ma comunque presente per invitare alla speranza.
La gioia del lavoro, la festa dell‘autunno
Siamo nel 1920, in un paesaggio rurale svizzero, è autunno. Un popolo di lavoratori, pieni di energia, si dedicano a molteplici lavori: chi pigia l’uva, chi raccoglie frutta, chi porta la «gerla», chi setaccia la farina, chi porta del formaggio, chi lava i panni, chi stende la biancheria, chi porta un bel cesto di uva nera (forse americana?)
Una signora che si è infortunata e quindi non può lavorare, partecipa anch’essa dando degli ordini dall’alto del terrazzo. È forse la padrona del terreno? No, il padrone, il signore, abita lassù in collina, nel castello. Da lì vede tutta la campagna ora deserta, visto che tutti sono occupati con i lavori quotidiani. C’è voglia di fare, armonia, affetto, amore, aiuto reciproco, fra queste persone che alla sera si ritireranno nelle loro case, stanche morte ma soddisfatte. Poi verrà la domenica e si andrà sul Monte Tartaruga, per un pranzo al sacco e, finalmente, il riposo. Risuonano nell’aria i canti che ritmano il lavoro, canti di fatica ma anche di spensieratezza: «Il mio bel castello, tarantino, tarantello...». Da Angelina, Antonio, Giovannino e Harry Potter c’è molto da imparare anche per noi!
Due di cinque storie create da persone con problemi di memoria di lieve o media entità del gruppo Memoria Arcobaleno Lugano e Chiasso di Alzheimer Ticino, in occasione delle cinque visite al museo di Alzheimer Ticino (ottobredicembre 2018), accompagnate da una mediatrice culturale e una facilitatrice.
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